Siamo qui con Marzio Pontone, storico avvocato per quanto riguarda l’obiezione di coscienza, in particolare nei confronti dei testimoni di Geova. Avvocato, quando ha cominciato a interessarsi dell’obiezione di coscienza?

Quando ho iniziato a frequentare assiduamente il Tribunale Militare, quindi nel 1980 – 1982.

Inizialmente quali erano le problematiche legate all’obiezione di coscienza?

Il servizio militare era obbligatorio, quindi non si trattava tecnicamente di obiezione di coscienza, bensì di rifiuto del servizio militare. Il rifiuto del servizio militare era un reato. Il testimone di Geova rifiutava di indossare la divisa, quindi commetteva un reato e doveva essere condannato.

Nella sua lunga carriera forense avrà patrocinato centinaia di casi per quanto riguarda l’obiezione di coscienza. Approssimativamente, potrebbe classificarne in percentuale l’appartenenza, ad esempio religiosa o politica?

Il 99,9% erano testimoni di Geova, non c’è ombra di dubbio. Poi ho difeso per obiezione di coscienza due “arancioni”, due ragazzi che seguivano la loro religione orientale, adesso non ricordo esattamente quale fosse, perché parliamo di quarant’anni fa.

Avv. Marzio Pontone, lei è stato fondamentale per il riconoscimento dei testimoni di Geova e nel corso del tempo ha avuto diverse vittorie a livello giuridico.

Sì, quando ho iniziato a difendere i testimoni di Geova gli stessi venivano condannati a un anno di reclusione. Mentre scontavano la pena – parlo dell’Italia del Nord – nel carcere di Peschiera, dopo sei mesi si chiedeva la grazia all’allora Presidente della Repubblica Pertini, che la concedeva. Quindi i ragazzi facevano solo sei mesi di galera e poi venivano liberati. Ma questa della riduzione della pena è stata una “battaglietta”, le battaglie che io ho personalmente sostenuto sono state altre.

Quali sono quelle più importanti?

Le più importanti sono due. La prima riguarda il riconoscimento dell’affidamento in prova anche ai condannati militari e di conseguenza anche ai testimoni di Geova. Parliamo degli anni ’84 – ’85. Sollecitai la questione di costituzionalità, che fu accolta dalla Corte Costituzionale, al Tribunale di Sorveglianza di Roma. Da allora i testimoni di Geova, invece di andare in galera, scontavano la pena facendo l’affidamento in prova presso enti pubblici, ad esempio facendo i giardinieri per il Comune.

La mia seconda battaglia, della quale vado assolutamente fiero, perché di questa ne usufruirono tutti i testimoni di Geova d’Italia, fu quella di passare dall’affidamento in prova presso enti pubblici a quello a casa, come avviene per i condannati comuni. I condannati per rapina o per furto l’affidamento in prova lo scontano a casa, continuando la propria attività lavorativa, seguendo determinate regole, nel senso che devono stare dalle dieci di sera alle sei del mattino a casa.

Questa è stata a mio giudizio la seconda enorme battaglia, perché se nel 1980 il testimone di Geova faceva un anno di galera, poi ridotto a sei mesi, nel 1994, quindi non moltissimo tempo dopo, faceva tre mesi a casa continuando la propria attività lavorativa, con l’unico obbligo di stare in casa dalle dieci di sera alle sei del mattino. Questa mi sembra una vittoria enorme.

Certo, perché la persona non perdeva il lavoro e continuava la sua attività …

Questa è stata la questione fondamentale. Un condannato civile, per reati che hanno anche un certo clamore sociale – un furto, un taccheggio, una rapina – dà fastidio a tutti, socialmente parlando. Chi commette il rifiuto del servizio militare non incide sulla tua libertà personale, né ha clamore sociale. Insomma, se ti rubano il portafoglio tu ti arrabbi, ma se Mario Rossi viene condannato perché si rifiuta di indossare la divisa, non incide sulla tua persona.

Allora, questa è stata la mia tesi: perché devono essere privilegiati coloro che commettono dei reati comuni e non un testimone di Geova, che tutto sommato per fede, perché questo è il problema di fondo, per combattere per la propria fede, rifiuta di indossare la divisa? Perché dobbiamo punire la fede delle persone, dei giovani, che ci credono vivamente? Quindi dobbiamo almeno consentire loro di usufruire delle agevolazioni che la legge penale italiana concede a coloro che vengono condannati per reati comuni.

Avv. Marzio Pontone, Lei ne ha difesi centinaia. Che cos’è che l’ha colpita di più della fede di questi ragazzi, che adesso sono uomini, e dei testimoni di Geova in generale?

Una parola sola: coerenza. Se c’è una persona coerente, è il testimone di Geova. Su questo non ho ombra di dubbio. Io tante volte, parlando con i miei amici, dico: “Magari noi cattolici avessimo la coerenza dei testimoni di Geova!”. È la coerenza, non esistono altri termini, perché per coerenza hanno affrontato di tutto, hanno affrontato anche Auschwitz, hanno affrontato i campi di prigionia. Io sono stato, per mia cultura personale, ad Auschwitz e ho visto anche il reparto dei testimoni di Geova, i triangoli viola, giusto? Io dico, ma uno che si fa ammazzare per fede, a chi lo vogliamo paragonare? Ai martiri cristiani, perché i
primi martiri cristiani si facevano ammazzare per la fede, quindi è coerenza, punto e basta. Adesso, per la fede nostra, dei cattolici, qualcuno viene ammazzato ancora, in Africa, però il testimone di Geova è tetragono a qualunque sollecitazione, questa è la realtà.

Avv. Marzio Pontone

Avv. Marzio Pontone

Oggi alcuni partiti politici vorrebbero riproporre la leva obbligatoria, che non è stata abrogata, ma sospesa…

Sì, sospesa, dal 1° gennaio del 2005, se la memoria non mi inganna.

Se mai venisse ripristinata, crede che il problema dell’obiezione di coscienza si riproporrebbe?

Assolutamente sì. Il testimone di Geova continuerà a rifiutarsi di indossare la divisa. Secondo me è un falso problema, perché tuttalpiù si parla non di ripristino del servizio militare, ma di far fare tre o quattro mesi di servizio militare ai giovani, però i testimoni di Geova continuerebbero a rifiutarsi, di questo sono assolutamente certo.

Avv. Marzio Pontone, lei è cattolico, però conosce bene la realtà dei testimoni di Geova. Ultimamente stiamo facendo un’indagine in più articoli. Alcune trasmissioni televisive hanno parlato dei testimoni di Geova in maniera negativa, accusandoli di destabilizzare le famiglie e l’ordine sociale. Lei, che li ha conosciuti personalmente, cosa ne pensa?

Assolutamente no! Io ho conosciuto dei ragazzi che rifiutavano il servizio militare, li ho difesi, alcuni di loro avevano la mamma testimone di Geova e il padre no, o viceversa, ed erano famiglie assolutamente unite. Nella mia lunga conoscenza dei testimoni di Geova ho conosciuto diverse realtà dove o il marito o la moglie non era testimone di Geova, ma andavano d’accordissimo lo stesso, ognuno rispettava gli spazi dell’altro. Per esempio, qui in Italia in quante famiglie abbiamo la moglie assolutamente osservante, che va a messa la domenica e il marito è ateo? Eppure queste famiglie si spaccano? No, quindi è la stessa cosa. È questione di intelligenza delle persone: se io tollero che tu abbia una fede diversa dalla mia, che problema c’è? (Revisione Stefania Tichelio)


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