Con il passare degli anni la letteratura ci ha concesso, grazie a splendide biografie, di scoprire grandi personaggi che abbiamo conosciuto nell’intimo, personaggi unici che hanno, a volte, lasciato il segno nella nostra storia. Ci sono poi uomini o donne che non hanno ancora scritto una propria biografia, ma che sono opinion leader, oppure personaggi di grande spessore. Oggi vi faremo conoscere uno di questi uomini, Remo Bassetti. Lo abbiamo incontrato nel suo studio e lo abbiamo intervistato.
Remo Bassetti è un personaggio poliedrico, scrittore, giornalista, notaio, fondatore e direttore di “Giudizio Universale” e di “Moncalieri e oggi” appassionato di arte e del cinema, chi è Remo Bassetti?
È una persona curiosa prima di tutto, uno che pensa che il valore certo sia dentro di noi, ma la bellezza è vedere fuori, la bellezza è entrare in contatto con il mondo, scoprire delle cose, non rinchiudersi in se stessi e così più passa il tempo più sento che “mi si stringe il tempo di non riuscire magari a conoscere cose nuove, quindi in questo senso mi sento un po’ fuori epoca, sarei stato forse più a mio agio nel Settecento“.
Lei vive a Torino già da diverso tempo, ma ama particolarmente Parigi dove è stato spesso e ho letto che se ne sente parte, quali aspetti di Parigi sente particolarmente suoi?
Tanti, ad esempio, mentre vado in un’edicola italiana, quelle poche che rimangono, visto che chiudono una ogni settimana, probabilmente ogni due giorni, vedo chi prende il gratta e vinci, mentre a Parigi vedo solo riviste di arte, di letteratura, di filosofia, schierate davanti, tutti i giornali internazionali, quando arrivo, la prima cosa che faccio, entro con le valige e prendo alcune riviste e quello mi fa rinascere.
Trovo che tra noi e la Francia e Parigi in particolare, per quanto su alcuni aspetti i francesi possano non essere sempre simpatici, negli anni si sia aperto uno spazio enorme dal punto di vista civico, per cui viaggiare in metro e vedere che ci sono ancora tante persone che leggono un libro e che non c’è nessuno con il cellulare o non squilla mai un cellulare, per esempio, lo trovo un aspetto impressionante.
E vedere i negozi di giochi educativi, sono cose che tutte insieme sono forti, certo che poi è bello vedere la Senna, andare al Pompidou, vedere le mostre, però lì non c’è solo questo ma il piacere di pensare la vita in ogni angolo, anche nei meno previsti, in questo mi sembra che noi siamo un po’ indietro.
Remo Bassetti a Parigi (foto: per gentile concessione Remo Bassetti)
Sei religioso? Credi in Dio?
Non sono credente, rispetto molto quelli che credono, mi sento profondamente religioso, però sento che c’è sempre un’altra dimensione rispetto a quello che facciamo, poi dargli una definizione mi viene più difficile, chiaramente sono scettico sul fatto che la definizione sia quella che abbiamo, “c’è uno che ci accoglie, buongiorno, vada a sinistra”, però è una cosa molto forte.
Io non ho più i miei genitori e quando vado a Napoli, sento il bisogno di andare sulla tomba e sento che in quel momento riesco a avere un contatto, non so se è diretto, ma certamente è con la mia memoria, che è più forte di quello che riesco a avere normalmente, tra l’altro credo molto nella ritualità, credo semplicemente nella dimensione di coppia, della famiglia, di amore, la ritualità significa moltissimo. Penso in maniera religiosa, credo di avere un approccio alle cose con quel tipo di spiritualità che è proprio della religione, che però non mi porta poi a dire che c’è un’entità che ci aspetta.
Sei ateo?
No, non mi piace definirmi ateo, anche se appunto non sono cattolico, per carità tra gli atei,ci sono associazioni che combattono battaglie civili importantissime, per esempio quelle sul fine vita, però è un tipo di rigore, se vogliamo anche disprezzo per l’altra parte, col quale non mi sento identificato.
Comunque credi a una forza superiore, che poi sia Dio, sia Allah, sia Buddha o a un qualcosa di mistico che è più alto di noi?
Io non voglio neppure arrivare a dire questo, credo che in ogni cosa che noi facciamo c’è una dimensione che ci trascende e che può darsi anche che non abbia una raffigurazione o una continuità, ma credo che in ogni gesto significativo ci sia un modo di considerarlo, un modo di legarlo alla continuità nelle generazioni, che è significativo, che è trascendentale, ecco credo nel trascendentale.
Nel tuo blog c’è un articolo estratto da “Provincia dell’Uomo”, tu dici a un certo punto, il tema è proteggere i morti, poi alla fine fai riferimento ai tuoi genitori, “alcuni trovano, hai scritto, che ciò che fanno le religioni è utile, è vero, attenuano la terribile durezza della separazione e suscitano speranza nei meno colpiti, in quelli cioè che rimangono in vita. Il loro peccato però principale è contro i defunti, dei quali dispongono come se avessero un diritto su di loro e una qualche conoscenza del loro destino. L’inermità dei morti è la cosa più inconcepibile. Lei pensa davvero che la vita sia tutto qui?
Questo l’ha scritto Canetti, dopodiché proprio Elias Canetti ci dimostra come si possa scrivere un passo religioso importante parlando apparentemente contro la religione, perché lui parla invece di un senso di importanza dei morti, della necessità di difendere, di proteggere. Canetti non è religioso, ma La Provincia dell’Uomo è un libro intriso di spiritualità, di religiosità. C’è stato un periodo in cui per la cremazione, una delle prime pubblicità era la terra è dei vivi.
La trovo di una volgarità spaventosa, perché non è vero che la terra è dei vivi. La terra è anche dei morti che continuano a vivere attraverso noi, come noi forse viviamo attraverso loro. Ho trovato una pubblicità veramente spiacevole per una cosa che, invece, poteva essere presentata meglio.
Per quanto riguarda la possibilità di ricongiungersi con i morti, con mia moglie facciamo questo gioco, diciamo sempre che poi ci ricongiungeremo, che poi facciamo, che poi staremo sempre insieme. Credo che se noi rendiamo questa nostra vita qui in terra trascendente, anche se poi non ci fosse niente, comunque ci sarà stato qualcosa nella nostra esistenza che è superiore alla nostra stessa esistenza.
Nel blog, che è anche un laboratorio politico e culturale, trovo un’altra affermazione che mi ha particolarmente colpito. Parlando della rivista “Giudizio Universale”, lei dice: L’esplorazione del mondo editoriale alla lunga è nel suo complesso una delusione. Con il tempo, sempre più gli apparva, al pari del mondo politico, un settore ingessato, conformista, soprattutto in Italia. Puoi spiegare meglio questo concetto?
Ogni anno che passa sembra più evidente che siamo passati da un’editoria ingessata, nel senso che si poteva scrivere solo, un eccesso di mondo chiuso, con una cosa quasi contraria, dove si va cercando l’influencer oppure si va cercando quello che ha 22 anni ma che ha passato un bel guaio. Ora non è importante che tu scrivi un bel libro, ma che hai veramente passato un guaio e lo racconti, allora diventi uno fantastico, interessantissimo, che lo passa la letteratura.
Per uno come me che è idealista, entro in questo mondo, fondo la rivista “Giudizio Universale” che è stata la prima rivista fatta solo di recensioni, ci scrivevano quelli che ora sono al vertice della cultura come Scurati, come Paolo Giordano, come tanti altri, Yoshua o Jonathan Coe, e ho detto: “pensa che è bello quando conoscerò questi personaggi alcuni sono stati meravigliosi, che bello conoscere i grandi scrittori“, altri era meglio che non li conoscessi, perchè alcuni pensano solo alle proprie copie, alle vendite. Non farò il nome, ma uno che ama parlare molto di teologia, un importante e storico direttore di una rivista culturale, la prima volta che me l’hanno presentato immaginavo, sai che bella discussione? Era il primo numero e mi disse, quante copie hai venduto? Non c’è niente di più volgare anche in quel caso.
L’intervista prosegue con il suo pensiero sulla politica, dermocrazia, cinema i suoi progetti sul sociale, la sua nuova rivista online “Moncalieri e Oggi“, l’ International Succession Network da lui fondato e il suo nuovo romanzo, se vuoi seguire l’intervista segui il padcast.