Zortèa: in questo suo nuovo libro, Diego Leoni ritorna su quelle montagne, che la Prima guerra mondiale aveva straziato, per ricostruire e raccontare un’altra guerra, figliata dalla prima, ma di religione. Vi proponiamo la recensione fatta da Sergio Albesano storico dell’obiezione di coscienza.

Zortèa, la recensione

Come recita il sottotitolo, si tratta della biografia di una comunità di testimoni di Geova trentini, della valle del Vanoi, tra il 1919 e il 1945. Precisiamo anzitutto che si tratta non di un libro di militanza, ma di un testo scientifico, corredato da una
corposa parte iconografica
, da un’appendice con due documenti dell’epoca fascista, da un preciso apparato di note, da una vasta bibliografia e infine da un utile indice dei nomi e dei luoghi. Il corredo storiografico fornisce la base scientifica del testo,
mentre quella iconografica offre anche il risultato di umanizzare le vicende narrate, mostrando i luoghi descritti e i volti dei personaggi coinvolti.

Il libro è quindi un’interessante lettura non solo per i testimoni di Geova, che possono ritrovarvi le sofferenze e le fatiche dei pionieri della loro religione in Italia, ma anche per qualsiasi lettore curioso, volenteroso di capire meglio la realtà della
sua nazione nella prima metà del secolo scorso per quanto riguardava la tolleranza e soprattutto l’intolleranza religiosa
.

Il volume è scritto con un tono che spesso risulta un po’ arcaico nella sua eleganza fin raffinata. Ma ciò che si apprezza è che l’adesione evidente dell’autore verso le scelte operate dai personaggi trattati dona al testo un afflato umano che non mina
mai il suo rigore storico.

Dal punto di vista pubblicitario il volume paga il pegno di un titolo un po’ sibillino. Sarebbe stato più commerciale un titolo evocativo, seguito poi dal sottotitolo esplicativo. Quella che viene narrata è una pagina di storia sconosciuta ai più. E che invece sarebbe bene, come ha fatto con il suo lavoro Diego Leoni, riportare dalle periferie della memoria alla consapevolezza della Storia.

Il funerale

Scioccanti sono i racconti e gli aneddoti che si inseguono nel libro. Come quando si racconta del funerale di una testimone di Geova, a cui il parroco vietò la sepoltura nel cimitero del paese perché era territorio consacrato, a cui lei non aveva diritto. I
confratelli riuscirono a trovare la possibilità di seppellirla nel camposanto di un paese lontano una decina di chilometri, perché lì vi era un tratto di terreno non consacrato.

Allora partirono, a piedi, con la bara in spalle e percorsero il lungo tragitto, accompagnati dai lazzi, dagli sberleffi e persino dalle sassaiole dei paesani che incontrarono lungo il cammino. Giunti al traguardo del loro triste percorso, fu loro vietato di entrare dalla porta principale, perché era consacrata e la morta non aveva il diritto di valicare quel transito. Dovevano passare dal retro del cimitero, ove però di porte d’entrata non ce n’erano! Quindi sarebbero stati obbligati, appoggiando due scale ai lati del muro, a sollevare la bara e a farla passare dall’altra parte.

Una folla si era assiepata lì davanti per gustarsi la scenetta di come sarebbero riusciti a sollevare la bara sulle scale e a farla scendere nella parte opposta. A quel punto, fortunatamente, intervenne un gerarca fascista che chiese chi aveva impedito
l’ingresso del corteo funebre dalla porta e gli venne risposto che era stato il curato del paese. Allora il gerarca, sconfessando il prete, diedi il permesso affinché la bara potesse entrare dalla porta principale e il funerale si potesse concludere in maniera dignitosa. Così finalmente la salma poté ottenere pace, mentre la folla rimase un po’ delusa dal mancato spettacolo.

I racconti dei bambini

Scioccanti sono anche i racconti dei bambini, femmine e maschi, che narrano quando, andati a farsi confessare dal sacerdote del paese, veniva loro richiesto di tornare dal prete, a casa sua, in serata, per scoprire poi che il curato non era interessato a impartire loro un sacramento, ma a ben altro.

Il motivo delle persecuzioni

Gli eventi, storicamente documentati, raccontano che spesso le persecuzioni contro i testimoni di Geova attuate dalle autorità fasciste furono richieste e spronate da sacerdoti e prelati, spaventati che la nuova confessione religiosa potesse toglier loro
fedeli e di conseguenza potere.

Anzi spesso le autorità fasciste avevano un atteggiamento paternalista e cercavano bonariamente di convincere i testimoni a rinunciare alle loro convinzioni per evitare di patire le conseguenze penali della loro
scelta, mentre le autorità religiose erano rigide, severe e inflessibili nel perseguitare coloro che facevano proselitismo di una fede non cattolica.

Sono impressionanti le persecuzione che i testimoni di Geova hanno dovuto sopportare nel nostro Paese solo per aver voluto professare una religione diversa da quella dominante e collusa con il potere dittatoriale: uomini e donne che hanno patito il confino, il carcere, il manicomio criminale, la deportazione e fin la pena di morte nella Germania nazista.

La loro fede richiedeva di non poter partecipare alle guerre scatenate dal fascismo e quindi si ponevano contro l’autorità statale. Inoltre erano in contrapposizione con la Chiesa cattolica dominante. Quindi venivano perseguitati come eretici (nel Novecento!) e come sediziosi.

Per essere coerenti con la loro fede hanno dovuto sopportare l’indifferenza, il ridicolo, la calunnia, la solitudine, la repressione. Questo libro, mostrandoceli con i loro nomi e cognomi e con i loro volti, restituisce loro, almeno un poco, quel rispetto che gli è dovuto. (Sergio Albesano)

Chi è Sergio Albesano?

Sergio Albesano è recensore, redattore e storico. Importanti sono le sue denunce sulla violenza, sulla negazione dei diritti fondamentali e sulla lotta per l’obiezione di coscienza. Nel 1992 viene pubblicato il suo libro “Storia dell’obiezione di coscienza in Italia”, che ancora oggi rimane l’unico testo di impostazione storico-scientifica sull’argomento.

Sergio Albesano